Il Beigua Geo-park.

Se il parco del Beigua fa parte della rete dei geoparchi europei, non è solo la geologia a rendere questi luoghi singolari. I processi geologici sono la causa di un paesaggio dai forti contrasti dove la natura trova gli ambienti più estremi , nei quali si sviluppano forme di vita ed habitat diversissimi.

Impariamo a scoprire la biodiversità leggendo il paesaggio geologico del Beigua.

foto ©Michele Pregliasco 2010 - Tutti i diritti riservati

Alba dal monte Beigua, una fredda mattina d'inverno tra la galaverna e le rocce del parco

Che cosa è un Geo-parco ?

Scopriamolo con l'intervista a Luca Demicheli dell' Agenzia nazionale per la protezione dell' ambiente, su MoebiusOnline.

La carta d'identità del parco.

Il Beigua Geo-park è il parco più grande della Liguria e le sue cifre non mentono:

  • 8.715 ettari a cavallo delle province di Genova e Savona.
  • 500 km di rete escursionistica.
  • 26 km di crinali montuosi dal colle del giovo al passo del Turchino.
  • 3 Siti di importanza comunitaria (S.I.C.), 1 Zona a protezione speciale (Z.P.S.), 1 zona a protezione integrale.
  • 3 foreste demaniali: Deiva, Lerone, Tiglieto.

 

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Alba dal monte Beigua.

Ulteriori informazioni Parco Beigua (links esterni)

I comuni del parco: Arenzano, Campo Ligure, Cogoleto, Genova, Masone,Rossiglione, Tiglieto, Sassello, Stella, Varazze

Biodiversità.

Al confine tra Alpi e Appennino, tra Tirreno e Regione Padana, nel territorio del parco convivono specie animali e vegetali provenienti da queste regioni che qui hanno trovato il loro limite di diffusione; inoltre il clima e la geologia hanno creato molteplici ambienti naturali che vanno dalle praterie alle zone umide d'alta quota, includendo foreste di faggi, roveri, castagni, pinete a pino marittimo e lembi di vegetazione mediterranea. Questi habitat , così diversi tra loro, sono una ricchezza in termini di biodiversità e di numero di specie, nonché di endemismi tipici di questi luoghi.

foto ©Michele Pregliasco 2010 - Tutti i diritti riservati

Anche le piante carnivore fanno parte della biodiversità all' interno di un habitat chiamato "zone umide". La Drosera rotudifolia è molto comune nel parco del Beigua.

 

 

 

Che cosa c'e' nel parco ?

Ecco alcuni dati riassuntivi sulla biodiversità del parco:

Tra le specie floreali endemiche si annoverano: Viola Bertoloni, Cerastium utriense, Asplenium cuneifolium, Daphne cneorum, Cheilantes marantae.

Elevata biodiversità, ed eccezionale valore naturalistico per i rapaci diurni: migrazione dei rapaci (in particolare il Biancone), nidificazione dell' aquila reale, gufo reale, codirossone,sterpazzola.

Le zone umide ospitano popolazioni di: tritoni alpestri, tritoni crestati, rana temporaria.

Da segnalare la presenza del colubro lacertino.

Per quanto riguarda gli ungulati, sono presenti: daini, cinghiali, caprioli.

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Alba dal monte Beigua, una fredda mattina d'inverno tra la galaverna e le rocce del parco

Geo-parco europeo e mondiale sotto l'egida dell' UNESCO.

Il Parco del Beigua gode di un patrimonio naturale che si esprime attraverso la geologia. Si tratta di leggere nella montagna una storia che inizia nel Giurassico, l'era dei dinosauri, e racconta di un oceano antico e dell'origine delle Alpi. Questa lettura è offerta da un tipo particolare di rocce: le Ofioliti.

Il versante padano del parco è rappresentativo degli affioramenti oligocenici relativi al Bacino Terziario Piemontese, interessante per i numerosi reperti fossili.

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lherzolite sfeoridale presso il lago dei Gulli, Sassello. (foto in occasione workshop fotografico con E.Biggi e F.Tomasinelli))

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Dal passo del Faiallo, verso ponente.

I monti del parco:

  • Monte Beigua (1287m)
  • Monte Reixa (1183m)
  • Monte Sciguelo (1103m)
  • Monte Rama (1148m)
  • Monte Argentea (1082m)
  • Monte Ermetta (1286m)

Sospesi tra mare e monti.

I territorio del parco si allunga su di un crinale montuoso  parallelo e molto vicino alla costa  che, dal monte Beigua(1287m)  al monte Reixa (1183m), costituisce lo spartiacque tirrenico-padano. E' uno spettacolare balcone che si affaccia sulla pianura contornata dalle Alpi Occidentali a settentrione mentre a meridione domina la costa della Liguria.

Camminando sul crinale non è insolito scorgere la Corsica a sud, le Apuane a est e le isole toscane, la costa francese a ovest e verso nord il Monte Rosa e la vetta del Monviso nel panorama delle Alpi.

Un altipiano sul mare.

La sommità del crinale del parco è di fatto un altipiano , per cui si ha la sensazione di camminare si di una passerella, stretta e lunga, sospesa tra mare e montagne che molti autori hanno definito un balcone sul mare.

Questa morfologia è dovuta a fenomeni periglaciali che durante il quaternario hanno modellato le cime dei rilievi rendendole pianeggianti.

Qui i venti , gelidi in inverno, spazzano il pianoro tutto l'anno, peggiorando le condizioni climatiche e disperdendo il poco terriccio che si accumula sulla nuda roccia, per cui difficilmente troveremo quassù alberi ma solo praterie erbose.

foto ©Michele Pregliasco 2010 - Tutti i diritti riservati

Dal passo del Faiallo verso ponente

I fiumi di pietre.

Durante il quaternario, a queste latitudini, le glaciazioni non hanno dato origine ai grandi ghiacciai perenni dei quali sono visibili le tracce sui rilievi alpini, tuttavia brevi o lunghe alternanze di gelo e disgelo hanno prodotto una considerevole azione di modellamento del territorio.

Tali fenomeni che prendono il nome di periglaciali, hanno lasciato sul Beigua i fiumi di pietre (block stream). Si tratta dell'azione di disgregazione del gelo che ha prodotto grossi massi, i quali si sono trovati adagiati sul suolo gelato (permafrost) che, agendo come un lubrificante, ha trasportato i massi per un tratto facendo assumere al paesaggio l'aspetto di un fiume di pietre.

Si noti che i fiumi di pietra hanno percorso tratti a pendenza molto modesta, per cui è da escludere che sia stata unicamente la gravità a muovere questi massi.

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Beigua Pian Fretto, block stream

Un mare giovane.

Se dalla sommità del crinale si volge lo sguardo verso sud, ecco il mare. Potendo abbracciare con lo sguardo tutta la costa è interessante pensare che il mar Ligure è giovanissimo, ha appena tra i 28 e i 18 milioni di anni (oligocene sup., - miocene inf.).

Prima di tale periodo volgendo lo sguardo a sud avremmo visto solo un esteso territorio che arrivava all'atlantico. Corsica e Sardegna sarebbero state saldate a quelle che oggi sono le coste mediterranee europee dalla Provenza alla Spagna.

Fu in seguito al fatto che il blocco Sardo-Corso ruotò facendo perno sul golfo di Genova, per portarsi nell' attuale posizione, che si aprì il Mare Ligure. Per la cronaca il tirreno si aprì successivamente, appena 10 milioni di anni fa.

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Vista verso Arenzano

Monti ed un mare scomparso.

Volgendo lo sguardo a settentrione cogliamo la pianura e l'arco alpino.

Va subito detto che nell' oligocene al posto della pianura e degli Appennini avremmo visto il mare, in particolare il bacino terziario piemontese. Paradossalmente avremmo avuto la terra ferma a sud fino alla Francia e Spagna e il mare a settentrione, l'esatto contrario di quanto succede oggi.

Le montagne che possiamo osservare sono il risultato dello scontro tra la piattaforma europea e quella africana, avvenuta nel passato durante un lunghissimo periodo di tempo che ha profondamente modificato il paesaggio.

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Panorama verso Nord dal passo del Faiallo

Per saperne di più:

La storia geologica d'Italia e dei suoi oceani.

Scienza-cultura» Geologia

Scopri la storia degli antichi mari che bagnavano l'Italia.

Il motore della terra.

Scienza-cultura» Geologia

Che cosa è che apre e chiude gli oceani del pianeta ?

Testimonianze fossili.

Sul versante Nord del parco , a partire dall' Oligocene, si estendeva il Bacino Terziario Piemontese, che qui lambiva le coste della neonata catena alpina, lungo la quale su questo versante una foresta tropicale-subtropicale si affacciava su uno splendido golfo nel quale squali e sirenidi nuotavano indisturbati tra i coralli dei quali troviamo i fossili a Sassello.

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Coralli fossili presso Sassello.
Sotto: Acquaio di Montecarlo, coralli.

Una foresta tropicale

In località Stella Santa Giustina si rinvengono, nei sedimenti dell torrente Sansobbia, le tracce di una flora fossile di ambiente tropicale umido, e di un ambiente di acqua dolce ai quali appartengono i fossili di un piccolo coccodrillo e una tartaruga.

Questi ambienti, nel quale probabilmente visse l'Anthracotherium, un Artiodattilo suiforme simile ad un ippopotamo, testimoniano un clima ben diverso all'attuale.

La rocce del parco

  • Metabasiti
  • Metagabbri
  • Calcesisti
  • Eclogiti
  • Serpentiniti e serpentinoscisti
  • Peridotiti e peridotiti serpentinizzati
  • Anfiboliti
  • Gneiss, micascisti a granato
  • Rodingiti
  • Calcari, arenarie, siltiti

 

 

 

 

Alpi o Appennini ?

Se per la geografia il massiccio del Beigua fa parte degli Appennini non è così per i geologi. Il Beigua appartiene alla storia geologica delle Alpi, difatti le rocce del parco hanno subito trasformazioni metamorfiche, profonde e complesse, dovute all' orogenesi alpina. E per questo motivo che in questi luoghi troviamo rocce dai nomi particolari quali metabasiti, metagabbri, calcescisti, serpentinoscisti, che nell'Appennino diventano: basalti, gabbri, calcari e serpentiniti.I geologi spostano il confine tra Alpi ed Appennini sulla linea Sestri-Voltaggio.

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Dal monte Sciguelo panoramica su Pian Fretto

Versante padano e tirrenico: due mondi diversi in poco spazio.

All'attento osservatore non potrà sfuggire quanto il versante tirrenico (sud) del parco sia diverso da quello padano (nord). Difatti la dorsale, in alcuni tratti, scende quasi verticalmente verso il mare, conferendo al versante una notevole acclività, con pareti molto pendenti, un cui spesso appare la roccia nuda che contrasta notevolmente con la dorsale rivolta a nord, più dolce, ricoperta da boschi, e con moderata pendenza.

Questa disparità è dovuta a movimenti profondi della crosta terrestre che ha sollevato maggiormente il versante sud rispetto quello a nord, motivo per il quale quest' ultimo è stato verticalizzato. In seguito l'erosione meteorica, faglie e movimenti distensivi, hanno accentuato queste caratteristiche del paesaggio. Tuttavia queste particolarità geologiche unite alle diversità climatiche contribuiscono a selezionare specie adattate a vivere in ambienti così diversi e quindi contribuiscono ad aumentare la biodiversità del parco.

Horst e Graben

Partendo da Prariondo e percorrendo l'Alta Via in direzione est, si ha una splendida visione dall' alto dell' abitato di Arenzano e si osservano rilievi pianeggianti e valli ai limiti della città. Una sorta di alti e bassi, ovvero di horst e graben per dirla come i geologi.

Questa morfologia è una conseguenza dell' apertura del Mar Ligure. Tale movimento di tipo distensivo ha creato faglie che hanno fatto sprofondare parte del territorio (in effetti i bacini marini altro non sono che' l'esito di una vasta depressione ), mentre altre porzioni sono state sollevate.

Inoltre si osservano le sommità pianeggianti dei rilievi, tale caratteristica indica che questi sono antichi terrazzi marini, ed indicano i livelli del mare in epoche passate.

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Horst e Graben verso Arenzano

Verso Nord

Il versante nord e decisamente più dolce rispetto a quello sud. Questa caratteristica è anche dovuta alla natura delle rocce che, mentre nel versante marittimo sono di tipo serpentinitico, qui sono di tipo sedimentario e quindi più facilmente erodibili.

Ciò ha permesso di dar luogo ad un suolo più spesso e più ricco, sul quale il bosco è riuscito a crescere rigoglioso.

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Il versante nord del parco.

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Monte Sciguelo, una fredda mattina di gennaio

Il Clima della montagna sul mare

Le diversità tra il versante padano e il versante tirrenico è anche frutto del clima. La dorsale agisce come una barriera che separa il mite e siccitoso clima mediterraneo dal freddo e umido clima padano di tipo sub-atlantico.

Non, solo: l'altezza concede una buon innevamento dei rilievi nella stagione più fredda, regalando una pista innevata affacciata sul mare.

Nebbie orografiche e galaverna

Frequenti sono le nebbie orografiche, dovute all' aria umida che risalendo lungo i rilievi si raffredda. Questo fenomeno, che spesso oscura il panorama all'escursionista, contribuisce a portare acqua sulle cime della dorsale. Quando però , nella stagione fredda, l'umidità si trasforma in galaverna l'effetto benefico e rinfrescante,si trasforma in un killer per le piante: i rami caricati da festoni di ghiaccio, si schiantano al suolo con grande facilità.

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Nebbie orografiche sul monte Sciguelo.

Condizioni di vita durissime

La vita sull'altipiano non è semplice. Raffiche di vento tutto l'anno spazzano il terreno, neve, gelo e galaverna nei mesi invernali a pochi chilometri dal mare e spesso l'uomo ha colpito il paesaggio sfruttando le risorse boschive lasciando solamente la nuda roccia dietro di se.

Ma qualcosa di ancora più insidioso per la vita è contenuto nelle rocce del parco....

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Alba dal Beigua verso la riviera di levante e galaverna.

Le ofioliti

La rocce del parco costituivano anticamente il fondale di un antico mare giurassico: l'oceano Ligure-Piemontese. Queste rocce, dette anche pietre verdi per il loro caratteristico colore, sono chiamate ofioliti (perché la loro superficie ricorda la pelle dei serpenti). Esse contengono alte percentuali di magnesio , un metallo tossico, e basse percentuali di minerali utili per la vita. Questa è la ragione per la quale le piante stentano a colonizzare questi luoghi per cui il panorama acquista un aspetto brullo con scarsissime coperture arboree.

 

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Alta via dei monti liguri, presso Pra Riondo, affioramenti si serpentino

Il serpentino

Un minerale in particolare, riconoscibile per il colore verde intenso, il serpentino, caratterizza le ofioliti. Questo silicato da luogo ad una roccia chiamata serpentinite, che è di quanto meno adatto ad ospitare la vita vegetale dato l'alto contenuto di magnesio.

 

I serpentinoscisti

Nel Parco del Beigua le rocce hanno subito intensi processi di metamorfismo causati dall'orogenesi alpina, in pratica le rocce sono state spinte in profondità dai movimenti che hanno dato origine alle Alpi e sono state così sottoposte ad intense pressioni e temperature che ne hanno modificato la tessitura cristallina.

Anche le serpentiniti non sono sfuggite a questo processo per cui sono state trasformate in serpentinoscisti. Si differenziano principalmente per il fatto di avere i cristalli orientati nella stesa direzione e questo conferisce ai serpentinoscisti la tipica struttura scistosa.

Un' altra roccia nel parco ha subito la medesima isoorientazione dei cristalli ed è il calcescisto.

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sotto: Panorama verso la riviera di ponente, affioramenti di serpentinoscisti.

 

Le piante serpentinofite

Fortunatamente alcune piante si sono adattate a vivere in presenza di alte concentrazioni di magnesio e per questo motivo sono chiamate serpentinofite. In questo modo l'evoluzione ha selezionato alcune specie per colonizzare questi territori, nel quale le piante serpentinofite non avrebbero trovato altre piante competitrici capaci di contendere le poche risorse alimentari disponibili.

Le serpentinofite più abbondanti e famose nel parco sono la Daphne cneorum e la viola Bertoloni.

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Daphne Cneorum.

 

La torbiera.

Uno degli ambienti più particolari e più estremi dal punto di vista ambientale, e senza alcun dubbio quello della torbiera. Si tratta di un lascito degli eventi periglaciali, una zona depressa in cui l'acqua ristagna.

Nel terreno della torbiera,un importante elemento chimico, l'azoto giunge con difficoltà, per cui la vita ne è fortemente condizionata.

Ecco così che piante adattate a questi habitat prendono il sopravvento, si tratta delle piante carnivore, che integrano l'Azoto che manca nel terreno con una dieta insettivora.

La vita tra zone umide, torbiere e piante carnivore.

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