Una geologia semplice.

All' inizio c'era solo l’oceano; così potrebbe incominciare il racconto della storia geologica di buona parte della Liguria, di quella che oggi è costituita dal fondale e dai suoi sedimenti provenienti da un antico mare, chiamato “Oceano Ligure Piemontese”.

Seguirne gli affioramenti può rivelarsi divertente se si conosce qualche rudimento di geologia. Tuttavia l’orogenesi alpina (i complessi movimenti che hanno sollevato le Alpi) ha rimaneggiato pesantemente le rocce e riconoscervi i segni lasciati dall’oceano può diventare complicato.

Meglio allora la geologia dell’ Appennino che ha subito un’ orogenesi recente  più blanda. E’ per questo motivo che nella Liguria orientale è facile, magari con l’aiuto di qualche esperto o di una guida geologica,  distinguere rocce scure  come i basalti, i rossi  diaspri e imparare a riconoscere una sequenza ofiolitica.

foto ©Michele Pregliasco 2010 - Tutti i diritti riservati

Foto in alto a sinistra:Pietra Borghese sul Monte Aiona, valle Sturla.

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Foto in alto a destra: Serpentinoscisto nel Parco del Beigua, ben evidente la tormentata tessitura scistosa data dall'orogenesi alpina.

Nelle due foto in alto, la roccia a destra sarebbe stata identica a quella di sinistra se non avesse subito processi di metamorfismo idrotermale e orogenetico.

Il Parco del Beigua, nonostante geograficamente sia posto nell'Appennino, geologicamente fa parte delle Alpi e le sue rocce portano i segni dell'orogenesi alpina.

Geologia e ambiente.

Il Parco Naturale Regionale dell’ Aveto è uno scrigno di ricchezza e di varietà geologiche nell’ ambito dei parchi naturali del levante Ligure. Tuttavia, al di là di una lettura particolarmente accessibile della geologia di questa regione,  è interessante osservare come quest’ultima ha pesantemente condizionato il  paesaggio del parco e di come l’ uomo abbia a sua volta modellato il territorio   cercando di sfruttare le risorse naturali a sua disposizione.
Anche Piante e animali devono prima o poi fare i conti con quegli elementi geologici e climatici che nel corso del tempo ne hanno messo in discussione la sopravvivenza o che, al contrario, hanno creato l’habitat ideale.

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Lago delle lame, Valle d'Aveto.
Il lago è stato creato da una morena che ha sbarrato il corso delle sorgenti che sgorgano da sotto i blocchi di roccia.

La geografia del parco.

Il parco è interamente impostato su linee di crinale. Lungo lo spartiacque, in direzione Sud/Nord, che dal monte Chiappozzo (m 1126)   passando per i monti Zatta (m 1404), Penna (m 1735), Tomarlo (m 1602) , Croce Martincano (m 1723), Maggiorasca (m 1799),  Bue (m 1777) , Groppo delle Ali (m 1680), Cima della Roncalla (m 1658) arriva al Groppo Rosso (m 1594), si individua per un lungo tratto la linea di confine tra Liguria ed Emilia-Romagna.
All’ altezza del Monte Penna, si distacca perpendicolarmente un secondo crinale , questa volta in direzione est/ovest, che partendo dal Monte Nero (m1671) comprende i monti: Cantomoro (m 1653), Aiona (m 1701) , i Monti delle Lame (m 1595) e degli Abeti (m 1543), il passo della forcella (m 876) nodo idrografico di separazione delle acque  tra Tirrenico ed Adriatico, ed ancora i monti Cavallo (m 1092), Ramaceto (m 1345) per arrivare al confine occidentale  del parco con il Monte Posasso (m 1236).

 

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Viola Calcarata, monte Cantomoro, un endemismo del parco.

 

Il Parco naturale regionale dell'Aveto , in provincia di Genova fu istituito nel 1995 come parco naturale regionale, ed è compreso nei comuni di Santo Stefano d'Aveto,  Rezzoaglio, Borzonasca, Mezzanego e Ne, per una superficie complessiva di 3.018 ettari. Esso comprende le valli di Graveglia, Sturla e Aveto, ogni valle racchiude aspetti particolari, dal punto di vista, geologico, naturalistico, antropologico del parco.

Biodiversità.

Nel Parco dell’ Aveto vari fattori, interagendo   tra loro, hanno creato una biodiversità (varietà di specie viventi) che i botanici Martini e Bardinelli riassumono così:
 “…il notevole sviluppo altitudinale (dai 360 metri in Comune di Borzonasca, presso l’Abbazia di Borzone, alle vette elevate della Val D’Aveto, culminanti nel Monte Maggiorasca , 1799 m s.m.); la presenza di rocce chimicamente assai diverse tra loro, in grado di dare origine a substrati differenti; un ricco “campionario” di microclimi, da quello mediterraneo umido (decisamente caldo in estate ) a quello tipico delle alte montagne appenniniche (gelido in inverno); l’articolazione dei rilievi in versanti a varia esposizione. E ancora l’abbondanza di rupi e la frequenza di ghiaioni….. per non parlare delle “zone umide” (laghetti, stagni, paludi, torbiere), legate , in buona parte , ad una morfologia di origine glaciale…”.

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Un naturalista osserva un lago glaciale ai piedi del monte Penna.

Le Ofioliti.

La storia geologica e la notevole biodiversità del parco sono legate ad un grande oceano del passato: l'Oceano Ligure-Piemontese e alla rocce che ha lasciato: le ofioliti.

Le ofioliti contengono grandi quantità di magnesio, un minerale tossico, inoltre queste rocce sono molto dure (provate a prendere a martellate una peridotite e vedrete), e pertanto si degradano con grande difficoltà . Ne risulta un terreno di scarsa consistenza e spessore, fortemente inclinato e  con una forte presenza di nuda roccia esposto al dilavamento delle acque piovane e in ultima analisi con spessori assai modesti di humus.
“Ampi sbalzi termici giorno-notte, estate-inverno, dovuti al colore scuro delle roccia che si surriscalda per effetto dell’insolazione determina forti rialzi di temperatura nelle ore centrali del giorno e nei mesi caldi ed anche una rapida evaporazione dell’acqua".

Lo scarso terreno che si origina da queste rocce molto basiche, è al contrario a reazione acida per l’elevata solubilità dello ione magnesio.
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Cima del monte Aiona, le rocce ofiolitiche, peridotiti, creano un paesaggio arido e desolato.

La storia geologica d'Italia e dei suoi oceani.

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Gli ultimi 200 milioni di anni di storia della nostra nazione.

La nascita di un oceano e le sue rocce: le ofioliti.

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Le rocce verdi, da dove vengono e cosa sono i fondi oceanici in espansione ?

Le glaciazioni e i relitti glaciali.

Relitti Glaciali della Val d'Aveto:

Falcetta alpina (Woodsia alpina), Sassifraga a foglie opposte (Saxifraga oppositifolia). Queste specie si trovano in Groenlandia fino al 84° di latitudine  (ad appena 6° dal Polo Nord). Di climi più  temperati , si fa per dire perché arrivano al 74° di latitudine, sono lo scirpo cespitoso (Scirpus cespitosus) e il licopodio annotino (Lycopodium annotinum).
Seguono poi il crescione di Islanda (Rorippa islandica) , l’epilobo alpino (Epilobium anagallidifolium), il caprifoglio nero (Lonicera nigra), la campanula a foglie rotonde (Campanula rotundifolia), e molte altre.

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La farferuggine, Caltha palustris una ranuncolacea relitto glaciale, nel suo ambiente: una zona umida sul monte Cantomoro

Le glaciazioni.

Sui rilievi del Parco dell’ Aveto oggi vediamo i segni dell’ ultima glaciazione: circhi glaciali, cordoni morenici, detriti. Il gelo fece strage di piante e animali che vivevano alle latitudine più alte  o alle quote più elevate dei rilievi. Tuttavia i semi della piante riuscivano a germinare a quote o latitudini più basse migrando così verso nuovi territori.
Terminata la glaciazione, l’innalzamento delle temperature costrinse le piante e gli animali a migrare in senso opposto, verso nord e a quote più alte. Ebbene, alcuni di questi emigranti, ritornando alle latitudine dalle quali erano partiti, trovarono nell’ Aveto zone con microclimi ideali in cui stabilirsi. Si trattava di pareti esposte a nord, in cui il sole non giunge mai, nelle quali dato il clima freddo specialmente in inverno non trovarono competitori. Questi migranti che vengono dal freddo Nord e da paesi molto lontani, prendono il nome di “relitti glaciali”.

Nella foto a lato, i numerosi laghetti di origine glaciale sono alimentati da sorgenti le cui acque scorrono in massima parte sotto i massi delle coperture quaternarie, quindi scorrono in un ambiente molto freddo senza mai venir a contatto con la luce del sole. Per questa ragione, laghetti, pozze e sorgenti creano microclimi molto freddi nel quale posso prosperare i relitti glaciali.

La Pozza Della Polenta, in Val d'Aveto è famosa per l'intensa fioritura gialla della Caltha palustris, ed è un esempio di microclima freddo.

Circhi glaciali.

Dal monte Cerenghetto è possibile osservare i circhi glaciali del monte Aiona.

Questo sono gli antichi testimoni delle glaciazioni che hanno interessato questi luoghi.

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Monte Aiona dal Cerenghetto.

Endemismi e specie rare.

La forte piovosità, che in certe zone supera i 3000 mm annui, e la presenza di terreni ricchi e profondi permette al Parco dell’ Aveto di ospitare alberi pretenziosi in fatto di esigenze nutritive come svariate caducifoglie: roverella, castagneti, querceti a cerro e a rovere fino ad arrivare alle faggete. Questi boschi e le specie erbacee che vivono sotto o in prossimità di essi hanno una grande capacità competitiva e quindi un ampia diffusione.


Queste caratteristiche ostacolano se non addirittura rendono impossibile, la crescita di altre specie meno competitive, cioè meno dotate sul piano delle capacità riproduttive e di crescita. Le cose però si ribaltano quando si incontrano terreni severi per la vita, come nel caso delle ofioliti. Qui le specie più competitive vengono rimpiazzate da quelle più adatte a vivere in quegli habitat. Ecco cosi che in quei luoghi crescono, fioriscono, si riproducono le specie rare o quantomeno a diffusione assai localizzata (endemismi).

Un caso interessante e particolare di habitat estremo è quello che caratterizza la torbiere con caratteristiche praticante opposte ai terreni ofiolitici.

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Drosera Rotundifolia, una pianta carnivora con la sua preda.

Le zone Umide.

L’Aveto comprende un insieme di laghetti, stagni e zone di torbiera  in cui sono presenti le specie tipiche delle zone umide. A questo proposito, di particolare interesse è la riserva orientata delle Agoraie per il numero di specie soggette ad un clima particolarmente freddo che qui viene preservato con i sui laghetti. Prato Mollo, Prato della Cipolla,la zona del Maggiorasca, sono solo alcune aree in cui si trovano quelle che il dialetto locale definisce  mogge o moglie, a ricordo della loro caratteristica di zone perennemente umide e quindi molli per la presenza di acqua.

La vita tra zone umide, torbiere e piante carnivore.

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Gli animali e le piante che popolano gli stagni e le torbiere.

La Val d'Aveto, tra boschi e basalti.

Per chi sale dalla riviera la  Valle Sturla è il primo territorio del parco che incontra. Man mano che si procede verso nord ci si addentra nella Val d'Aveto e ci si allontana dal paesaggio mediterraneo per incontrare un ambiente tipicamente alpino: vasti panorami, monti aspri, scolpiti dal gelo, dalle cui vette è possibile scrutare l’orizzonte, climi freddi e umidi  in cui regna il faggio e circhi glaciali testimoni del passato di queste valli dove osa l’aquila reale.

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Valle Sturla, salita verso il rifugio Monte Aiona.

I boschi.

Quando il terreno non è di natura ofiolitica o se esiste un sufficiente spessore del suolo che ne annulla gli effetti, il bosco prende il sopravvento. In particolare nelle zone esposte a nord e quindi interessate da un clima freddo e umido abbondano i boschi di faggio e di abeti bianchi e rossi.

L'abete rosso è frutto di una politica di rimboschimento degli anni passati.

Oggi si preferisce favorire l'insediamento degli alberi autoctoni, rappresentati in questa zone dal faggio, e si procede ad un taglio selettivo dell' abete rosso.

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Oceano Atlantico.

L'Anello del Cantomoro.

Per gli amanti della geologia segnalo il percorso geologico "L’anello del Cantomoro", un itinerario ampiamente segnalato e  documentato dalle pubblicazione dell’ ente parco. E' possibile vedere basalti a cuscino e la famosa Pietra Borghese.

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Si noti come il Monte Aiona caratterizzato da Peridotiti e serpentiniti abbia un aspetto brullo al contrario dei depositi morenici sotto il monte Penna dove si vede rigoglioso l’omonima foresta

La Pietra Borghese.

Sicuramente è l' emergenza geologica più importante e curiosa. Si tratta di peridotite lherzolitica, in pratica è un pezzo del mantello terrestre. E' composta in buona percentuale da ferro per cui risuona come una campana se viene colpita da un martello. E' una roccia durissima, attira i fulmine ed è in grado di deviare l'ago della bussola.
Si capisce come queste rocce non vengano degradate tanto facilmente per cui non danno luogo a suoli, ma solo a pietraie sulle  quali la vegetazione stenta a crescere.

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Peridotite lherzolitica

Il motore della terra: come spostare continenti e creare montagne.

Scienza-cultura» Geologia

Una discesa nelle profondità del pianeta per scoprire come funziona il motore della terra.