Dire che le Dolomiti sono africane può sembrare bizzarro, eppure, l’intera Catena Alpina è un susseguirsi di rocce esotiche che si prendono gioco dei confini geografici tracciati dall’uomo nei suoi 6000 anni di storia, un istante se paragonato agli oltre 200 milioni di anni di storia geologica delle nostre montagne. Le Alpi sono fatte di antichissime rocce africane ed europee e di ciò che rimane di quanto, all’epoca dei dinosauri, separava l’Africa dall’Europa: l’Oceano Ligure-Piemontese. Il destino degli oceani è quello delle montagne sono legati insieme: per ogni oceano che scompare una nuova catena montuosa nasce. A questa regola non fanno eccezione nè l’oceano dei dinosauri nè le nostre Alpi, ma per raccontare la loro storia dobbiamo fare un salto nel passato e portarci al periodo precedente il dominio dei grandi rettili e più precisamente a 250 milioni di anni fa.
INDICE
In questo articolo
1. Le premesse
Courtesy Ron Blakey, NAU Geology : La terra nel triassico-giurassico
250 milioni di anni fa la Terra vista dallo spazio ci sarebbe apparsa incredibilmente diversa: un unico super-continente, la Pangea, includeva tutte le terre emerse. Questa configurazione del pianeta comportava un clima caldo e arido e gli animali terrestri potevano spostarsi da un capo all’altro della Pangea senza incontrare mari o oceani da attraversare; una bella comodità!
Il periodo Permiano con i suoi vulcani stava terminando per lasciare il posto al nuovo periodo Triassico con il più efferato e grandioso delitto della storia: un’estinzione di massa uccideva il novanta percento delle specie conosciute, un’occasione unica che alcuni sopravvissuti colsero per impadronirsi del pianeta. Il clima torrido favoriva i rettili, che hanno bisogno del calore del sole per essere attivi ed essi non persero l’occasione per ripopolare la terra con nuove specie. Non si trattava ancora dei grandi dinosauri che seguiranno da qui a poco, erano più piccoli, ma molto diversificati perché la natura cominciò a fare esperimenti: c’era che si evolveva per correre, chi per camminare, chi per nuotare e ogni adattamento era lecito per sopravvivere nella competizione tra preda e predatore. I fossili dei rettili triassici si ritrovano oggi nelle Dolomiti (gola del Bletterbach) ma non mancano le impronte del loro passaggio lasciate in Piemonte (Passo della Gardetta) su antiche spiagge fangose solcate dalle onde del mare.
Il Triassico avrebbe fatto la fortuna degli stabilimenti balneari: un mare tropicale (chiamato golfo della Tetide) lambiva le coste europee e africane all’altezza dell’equatore, dal basso fondale emergevano isolotti vulcanici, atolli e scogliere coralline tra i quali si aggiravano i grandi rettili marini, come gli Ittiosauri conservati nel museo di Besano (VA). Peccato che l’Italia non ci fosse, o meglio non era ancora stata “assemblata”; le Dolomiti, così come alcune delle montagne più belle della val Maira, sono il ricordo di quel mare basso e caldo, nel quale gessi, anidridi, calcari e dolomie sedimentavano turbati, di tanto in tanto, dalle eruzioni vulcaniche. Alla fine del Triassico due fatti inaspettati mischiarono nuovamente le carte: una nuova piccola estinzione si consumò e una profonda lacerazione s’insinuò proprio al centro della Pangea.
Questi eventi portarono nel Giurassico (200 milioni di anni fa) al dominio dei Dinosauri e alla frammentazione della Pangea: Africa ed Europa si allontanarono l’una dall’altra e in mezzo nacque l’Oceano Ligure-Piemontese. All’epoca dei dinosauri buona parte dell’Italia era sotto il livello del mare, ma è certo che i dinosauri passeggiarono sulle alcune spiagge giurassiche italiane come testimoniano i Lavini di Marco (TN) per fare l’esempio più famoso nelle Alpi.
2. Nasce l'Oceano Ligure-Piemontese
La nascita di un oceano è il risultato della lacerazione della crosta terrestre dovuta a due placche, quella africana e quella europea nel nostro caso, che si allontanarono con una velocità di un paio centimetri ogni anno.
Con questo ritmo, nell’arco di milioni di anni, l’Oceano Ligure-Piemontese si espanse raggiungendo un’estensione di circa mille chilometri. Man mano che le placche si allontanavano, i materiali vulcanici fuoriuscivano dalla lacerazione formando nuovo fondale oceanico di tipo basaltico. Sono gli stessi basalti che oggi troviamo in alcuni tratti della catena alpina, sul Monviso, nelle Alpi Liguri e in Val d’Aosta trasformati in altre rocce dal tipico colore verde chiamate ofioliti, testimoni dei fondi oceanici in espansione.
Cosa avremmo visto?
Courtesy Ron Blakey, NAU Geology: Cretaceo superiore (100 MA)
Questa è ciò che avremmo potuto vedere nel Cretaceo gettando uno sguardo dall’alto su quella che oggi è la regione mediterranea.
L’oceano Ligure-Piemontese, che a partire dal Giurassico divideva l’Africa dall’Europa, raggiuse la sua massima espansione. Sulla mappa si possono scorgere alcune parti della futura Italia:
Si: Sicilia;
Sd: Sardegna, Corsica e parte della Calabria.
Tra poco le cose cambieranno perché l’Africa e l’Europa, che si stavano allontanando l’una dall’altra, torneranno sui propri passi stringendo in una morsa mortale l’oceano tra loro interposto.
3. L'oceano si chiude
Con la fine del Cretaceo una nuova estinzione decreta la fine dei dinosauri, cosa che fece molto piacere ai mammiferi che, complice l’evoluzione, si apprestarono a diventare i dominatori della Terra. Nessuno sa dire se e in che misura vulcani, meteore e carestie abbiano avuto un ruolo nella caduta dell’impero dei rettili, quello che è sicuro e che anche il pianeta cambiò la sua configurazione geografica. Africa ed Europa invertirono il loro senso di marcia e, anziché allontanarsi, cominciarono ad avvicinarsi creando i presupposti per la nascita delle Alpi. Vi ricordo che tra Africa ed Europa c’era l’Oceano Ligure-Piemontese che, assieme al continente europeo, avanzò verso la placca africana per sprofondare sotto di essa (subduzione). Il margine Africano agì come un bulldozer raschiando i sedimenti sulla superficie del fondo oceanico che gli scorreva sotto, accumulandoli ai suoi piedi (i geologi lo chiamano prisma di accrezione).
Cosa avremmo visto?
Courtesy Ron Blakey, NAU Geology: Eocene (50 MA)
Durante l’Eocene, gran parte dell’ oceano Ligure-Piemontese è stato consumato sotto la placca africana ed è ben visibile quanto la costa africana si sia avvicinata a quella europea.
In particolare all’Europa si sta avvicinando una microplacca facente parte del continente africano chiamata Adria.
Tutto ciò è la conseguenza dell'apertura dell'Oceano Atlantico meridionale, che spinse l'Africa a ruotare in senso antiorario e avanzare verso nord, proprio in direzione dell'Europa e dell'Asia.
4. Lo scontro
Da Alfonso Bosellini, modificato
Quando tutto l’Oceano Ligure-Piemontese sparì sotto la placca africana, nulla più si frapponeva tra Africa ed Europa (ad eccezione del cuneo di accrezione) e i due continenti entrarono in collisione dando il via all’orogenesi Alpina. L’effetto fu come spremere una caramella mou tra le dita. Le rocce cominciarono a piegarsi e ad avanzare sul continente europeo formando pieghe e falde che si sovrapponevano le une alle altre allo stesso modo in cui si formerebbero spingendo l’estremità di un tappeto (fig. A). I terreni africani andarono a occupare le quote più elevate di questo edificio mentre la placca europea si incuneava sotto a quella africana. In mezzo ai due continenti rimasero “pinzati” e “stritolati” i sedimenti oceanici che, dopo essere stati portati a notevole profondità, ritornarono in superficie completamente trasformati dalle alte pressioni e temperature alle quali erano stati sottoposti. Si formarono così le rocce metamorfiche (calcescisti e micascisti) che caratterizzano la dorsale della catena alpina che si estende dalla Liguria alla Valle d’Aosta lungo quello che i geologi chiamano Dominio Pennidico. Non è raro trovare in questi terreni porzioni del fondo oceanico basaltico, anch’esso pesantemente trasformato dal metamorfismo di alta pressione a costituire le metaofioliti. Lo scontro comportò un inspessimento della crosta terrestre che, compressa tra Africa ed Europa si sollevò di alcuni chilometri: erano nate le Alpi, ma anche l’Himalaya stava sorgendo sotto la spinta di India e Asia. Il sollevamento espose le cime delle montagne agli agenti atmosferici e alla gravità che cominciarono a smantellare la catena, in un’eterna lotta tra la velocità di sollevamento e l’azione disgregatrice degli elementi.
In effetti non appena la catena alpina si sollevò, l'erosione cominciò a disgregarla: acqua, ghiaccio, caldo e freddo lavorarono incessantemente e asportarono gran parte delle falde che ricoprivano i sedimenti oceanici, scolpendo e modellando i rilievi delle Alpi (fig. B). Così il Cervino, il Monte Bianco, il Monte Rosa e tutte le montagne delle Alpi presero la loro forma.
Il Cervino, ottimo esempio dell’efficienza della disgregazione meteorica, è ciò che resta della falda africana totalmente asportata nel corso del tempo, fino a riesumare i sottostanti sedimenti oceanici. E’ questa la ragione per la quale oggi il Cervino è uno scoglio africano in mezzo ad un antico oceano. In effetti, i più attenti avranno capito che l’edificio alpino è una sorta di tramezzino: la placca europea sta sotto, sopra c’è quella africana e in mezzo ci sono i sedimenti oceanici.
2. Cosa avremmo visto?
Courtesy Ron Blakey, NAU Geology: Oligocene(25 MA)
Dallo scontra tra Europa e Africa sono nate le Alpi. L’orogenesi Alpina ha interessato non solo le Alpi ma bensì tutto ciò che si trova compresso tra le placche africana e quella euroasiatica portanto all'innalzamento del sistema Alpino-Himalayano.
L’area interessata dall’orogenesi alpina nell'area mediterranea è contornata in giallo.
5. La Linea Insubrica
da wikipedia
Oggi dello scontro tra Africa ed Europa rimane nelle Alpi una profonda cicatrice che separa due catene alpine che si sono propagate in senso opposte. Si tratta della Linea Insubrica, una serie di faglie ben visibili da satellite che costituiscono una linea continua che da Torino passa nel Canavese, in Valtellina, piega a nord al passo del Tonale, per passare a Merano fino ad arrivare nel Bacino Pannonico.
6. Carta geologica delle Alpi
Da Alfonso Bosellini, moificato
A Nord della Linea Insubrica le Alpi si sono propagate e piegate verso l’Europa, e pertanto sono state definite nord vergenti. Nel settore occidentale-centrale troviamo il continente europeo (Dominio Elvetico) magnificamente rappresentato dal Gruppo del Monte Bianco, confinante con i sedimenti oceanici, piegati e sottoposti a metamorfismo, del Dominio Pennidico nel quale svetta il Monviso. Non manca un pezzo del continente africano (dominio Austroalpino) che, giungendo da sud, si è staccato dalla placca di provenienza e ha “varcato” il confine della Linea Insubrica sovrapponendosi al Pennidico, dove, come si vedrà per il Cervino, l’erosione ha lasciato solamente alcuni lembi: Dent-Blanche e zona Sesia Lanzo. Al contrario nel settore delle Alpi Orientali il minore sollevamento ha preservato l’Austroalpino, con buona pace di svizzeri e austriaci che oggi si trovano sotto i piedi terreni africani, interrotti da due “finestre” di erosione (Engadina e Alti Tauri) nelle quali affiora il Pennidico sottostante.
A sud della Linea Insubrica invece le Alpi Meridionali (dominio Sudalpino), tutte africane, sono state le ultime a essere state traslate e piegate, e puntando decisamene verso la Pianura Padana (sud vergenti) hanno finito per infilarvisi sotto. Prive di rocce metamorfiche di epoca alpina (non sono state trascinate in profondità dall’orogenesi), non mancano di fascino e bellezza come testimoniano le Dolomiti, dove sono magnificamente esposti quei terreni triassici e permiani che abbiamo raccontato all’inizio della nostra storia, in un’alternanza di rocce vulcaniche e sedimentarie. Sud Alpino è anche il super vulcano della Valsesia, balzato all’onore delle cronache geologiche per esser stato messo completamente a nudo nelle sue profondità dall’Orogenesi Alpina, un caso forse unico al mondo.
La struttura tridimensionale delle falde alpine
Da wikipedia, modificato
Le falde tettoniche impilate sopra al continente europeo formano oggi una sorte di “tramezzino geologico” che vede l’Europa ricoperta dalla falda oceanica (Pennidico) a sua volta sovrastata dall’Africa (Austroalpino). Questo perché fu per primo l’Oceano Ligure Piemontese a scomparire sotto alla placca africana per subduzione, seguito dalla scaglia europea del dominio elvetico che vi si infilò sotto. Quello che un tempo costituiva una distesa di terre e oceano per più di 1000 chilometri ora si trovava impilato e compresso in uno spazio di alcune centinai, ma sollevato di migliaia di metri. Il dominio Sudalpino fu escluso dall’impilamento con le falde europee e oceaniche e rimase a sud della linea insubrica. Le frecce indica la vergenza, la direzione nella quale le falde risultano traslate.
7. Il Fronte Pennidico
Michele Pregliasco ©2016
La Linea Insubrica non è la sola testimonianza dello scontro Europa-Africa, altri segni sono stati impressi nelle montagne e ci restituiscono un quadro più completo di quanto avviene nelle profondità della Terra. Chi provenendo dalla conca di Courmayeur e giunge ai piedi della maestosa catena del Monte Bianco si trova innanzi al Fronte Pennidico, una lunga faglia, qui sottolineata dalle valli Ferret e Vény, che separa il continente europeo dalla confinante falda oceanica pennidica. Lungo il Fronte pennidico, la placca europea s’immerge sotto la catena alpina per poi incontrare, in profondità, la placca Africana. Niente di nuovo rispetto a quanto narrato nella nostra storia delle Alpi, ma qui la faglia, inserita nel panorama del massiccio del Monte Bianco, assume connotati davvero suggestivi.
Abbiamo così condensato 250 milioni di anni di storia geologica delle Alpi in poco più di 1500 parole, i geologi mi perdoneranno, spero, se ho usato termini imprecisi e attinto abbondantemente dal vocabolario popolare, molte cose sarebbero ancora da dire e da illustrare altre sono state terribilmente semplificate ma, spero, di aver dato all’escursionista qualche spunto per percorrere i sentieri delle nostre Alpi con maggiore consapevolezza geologica. Colore che fossero particolarmente curiosi e volessero approfondire le loro conoscenze geologiche e naturalistiche possono ricorrere al sito degli Operatori Naturalistici e Culturali: www.digilands.it
Bibliografia
Bosellini A. (2005). Storia geologica d'Italia. Zanichelli - ISBN 88-08-07527-3
Brahic, Tapponier, Brown, Girardon (2001). Intervista con la Terra. Salani editore - ISBN 88-8451-266-2
Bosellini A. (2011). La Terra dinamica. Zanichelli - ISBN 978-88-08-06707-4
Press F., Siever R., Grotzinger J., Jordan T.H. Capire la Terra. Zanichelli - ISBN 88-08-07991-0
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