Quando è come i vulcani hanno modellato la Val di Fiemme, il Monzoni, il Brenta, il Bletterbach ? Un viaggio alla scoperta del vulcanismo delle Dolomiti spiegato e riccamente illustrato con escursioni nei luoghi più suggestivi e geologicamente interessanti.
Indice
- Un paesaggio singolare
- Perché i vulcani nelle Dolomiti ?
- Quando sono avvenuti ?
- Dove sono avvenuti ?
- Orogenico o anorogenico?: un problema geologico
- Graniti porfidi e lave
- Le eruzioni del Permiano
- Le nubi ardenti
- Stop(1): il Bletterbach
- Le eruzioni del Ladinico
- 1819: a Predazzo una scoperta contraddice la Bibbia
- Stop(2) Predazzo e il gruppo dei Monzoni
- Gli ultimi eventi vulcanici: l'Oligocene
- Stop(3) il parco Adamello-Brenta
Un paesaggio singolare
Qual è la ragione che fa delle Dolomiti uno dei luoghi più belli e singolari del mondo ?
Ecco una domanda alla quale ognuno di noi darà una risposta diversa: a quale, tra gli aspetti culturali, naturalistici o puramente estetici del paesaggio, saremo più sensibili ?
Se però vi invito ad osservare con attenzione le morfologie di alcune regioni dolomitiche, caratterizzate da forti contrasti nei colori e nelle forme, sicuramente coglierete i segni dello scorrere del tempo e di uno dei fenomeni più distruttivi del pianeta: i vulcani.
Due mondi, quello delle rocce sedimentarie e quello delle rocce magmatiche, che insieme non mancano di regalare al visitatore profonde emozioni, attraverso l’incredibile alternarsi di dolci pendii erbosi e pareti verticali, che realizzano paesaggi inconsueti e coloratissimi.
Dunque impariamo ad osservare i fenomeni vulcanici nelle Dolomiti.
Perché i vulcani nelle Dolomiti?
A Sinistra: il Super-continente Pangea ne l Triassico (al tempo dei vulcani di Predazzo e Monzoni) - a Destra il pianeta nell' Oligocene (al tempo della messa in posto del plutone dell'Adamello)
Nel Permiano la terra era costituita da un grande super continente e le Dolomiti si trovavano sulla zolla africana, al confine con la grande Europa, in un’ area soggetta a forti tensioni tettoniche.
I grandi spostamenti delle masse continentali che porteranno, dopo centinai di milioni di anni, il nostro pianeta alla sua configurazione geografica attuale, causarono alla crosta terrestre intensi stiramenti, compressioni e fratture dalle quali risalirono i magmi del mantello. Questa è la causa dei fenomeni vulcanici che accompagneranno la storia geologica dell'Italia e dei quali troviamo traccia nelle Dolomiti.
Quando sono avvenuti i fenomeni vulcanici?
Tre sono gli eventi vulcanici più significativi nelle Dolomiti avvenuti nel corso di circa 250 milioni di anni.
280 milioni di anni fa (Permiano) l’area dolomitica fu sconvolta dai più grandi eventi vulcanici della regione. Ceneri, lave e lapilli si ammassarono fino ad una altezza di 2000 metri e cambiarono la geografia di un arido paesaggio solcato da qualche magro torrente.
Poi 260 di anni fa (Permiano superiore) i vulcani cessarono la loro attività: un grande tavolato era tutto ciò che si presentava alla vista; dai pochi rilievi, spazzati dal vento e disgregati dalla forte escursione termica, scendevano fiumi che depositavano sabbie e ghiaie che oggi sostituiscono le Arenarie di Val Gardena (famose per i ritrovamenti fossili). Con la sedimentazione delle Arenarie il mare, lentamente, comincio ad avanzare e la piana alluvionale divenne da prima una laguna salata e poi un golfo tropicale disseminato di isolette.
230 milioni di anni fa (Ladinico) una nuova fase vulcanica interesso l’area: due edifici vulcanici ,Predazzo (Monte Mulat) e Monzoni (Valle S.Nicolò), emersero dal mare e riversarono i loro prodotti tutto attorno, si trattava dei più grandi vulcani d’Europa.
Per migliaia di anni tutto rimase tranquillo, mari profondi si alternarono a piane costiere, intanto si depositava la Dolomia principale che caratterizza le cime più belle delle dolomiti (Pale di San Martino).
Nell’ oligocene vi fu l’ultimo evento vulcanico connesso all’orogenesi alpina, la mesa in posto del plutone dell’ Adamello-Brenta.
Oggi le dolomiti hanno un rischio vulcanico pari a zero.
Carta stratigrafica,
da Gradstein - Bosellini, modificato
Le eruzioni del Permiano
Le più grandi manifestazioni vulcaniche delle Dolomiti avvengono nel Permiano (280Ma) e lasciano notevoli tracce nel paesaggio del Trentino Alto Adige. Parte dei magmi solidificano nel sottosuolo,
(g e in colore rosso nella carta stratigrafica) e diverranno i plutoni di Cima d’Asta e di Bressanone; fluidi viscosi si fanno strada tra le rocce più antiche del basamento metamorfico (Bm e in marrone nella carta stratigrafica) e danno luogo a spaventose eruzioni esplosive in superficie. Le ceneri di questo imponente fenomeno costituiranno i porfidi quarziferi (P in colore arancio nella carta stratigrafica) e il Piastrone Porfirico Atesino.
Le eruzioni del Ladinico:
50 milioni di anni dopo, nel Ladinico (230 Ma), si formò un grande apparato vulcanico nella zona Predazzo-Monzoni. Le eruzioni durarono alcune centinai di milioni di anni e lasciarono sul posto i loro prodotti: ialoclastiti (i) e lave a cuscini(p), tipici delle eruzioni in ambiente marino, e filoni (f) intrusi nelle dolomie e nei calcari (Ds) e una roccia intrusiva simili al granito: la Monzonite. Questi vulcani oggi non esistono più, smembrati dall'erosione, i loro resti sono i Conglomerati della Marmolada (CM) o i più minuti Strati di La Valle.
Le eruzioni dell' Oligocene:
L’ultimo evento vulcanico, avvenuto nell’Oligocene (non rappresentato sulla carta stratigrafica), fu a seguito dell’orogenesi alpina e diede origine ai plutoni Adamello-Presanella.
Dove sono i vulcani Oggi?
Gli antichi vulcani delle dolomiti oggi non sono più visibili: una volta cessate le eruzioni gli agenti atmosferici hanno cominciato ad erodere gli edifici vulcanici, accumulando sul fondo dei mari antistanti i frammenti di origine vulcanica, andando così a colmare stretti e profondi bacini con ciò che oggi viene chiamato Conglomerato della Marmolada (CM nella carta stratigrafica). I sedimenti più fine coprirono maggiori distanze e formarono le arenarie e le argille degli Strati di La Valle.
le Dolomite nel Triassico Medio - da Airone (1983) modificato
Alla fine del Ladinico l’area dolomitica si presentava con un’area emersa ad ovest che degradava verso il mare aperto post ad Est. L’area emersa, persa la copertura vulcanica, era soggetta a fenomeni di carsismo: grossi blocchi calcarei si staccavo dalle coste scivolando nel mare e qui si mescolavano a sedimenti rossi e gialli formando le megabrecce calcaree (Calcare di Cipit).
Carta geologica delle rocce ignee, con il complesso vulcanico scomparso Predazzo-Monzoni.
M.Pregliasco 2013, basata su
cartografia 4umaps
Alla scoperta del Permiano
Piastrone Porfirico Atesino. (Vedi cartina)
Bressanone e Cima D'Asta. (Vedi cartina)
Rocce effusive, subvulcaniche e plutoniche, porfidi quarziferi.
Stop (1): Bletterbach, Ora
Alla scoperta del Ladinico
Vulcani di Predazzo e Monzoni (vedi cartina).
Val di Fiemme, Predazzo (Monte Mulat) Val S. Nicolò in val di Fassa, Monti Monzoni-Marmolda.
Litotipi:
monzoniti, sieniti, graniti tormaliniferi, monzo-gabbri, gabbri.
Stop (2): Monzoni
Alla scoperta dell'Oligocene
Plutone Adamello-Presanella
Litotipi: tonaliti, granodioriti e quarzodioriti.
Stop (3): Parco Adamello-Brenta
Orogenico o anorogenico?: un problema geologico
Esistono, principalmente, due tipi di vulcanismo: quello orogenico e quello anorogenico. Molto semplicemente i vulcani orogenici sono dovuti allo scontro tra le placche tettoniche che , oltre a violenti fenomeni eruttivi caratterizzati da una composizione “acida” dei magmi, danno luogo alla formazione di una catena montuosa (l’orogenesi per l’appunto). Tutti gli altri fenomeni vulcanici sono detti anorogenici, sono dovuti a vari eventi geologici, tra cui la creazione degli oceani, e sono contraddistinti da eruzioni aventi magmi con un chimismo definito “basico”.
Ora i vulcani delle Dolomiti hanno lasciato rocce acide, quindi probabilmente originate da un vulcanismo orogenico, se non fosse che la ricostruzione degli eventi geodinamici farebbe escludere uno “scontro” tra le placche e quindi propendere per un vulcanismo anorogenico.
Questo problema rimane, anche se i ricercatori hanno provato a darne diverse spiegazioni; la più attendibile suppone che i magmi profondi (basici) abbiano fuso parte della crosta terrestre (più acida), altri sostengono che questi magmi provengano da un mantello terrestre che avrebbe ereditato caratteristiche acide dalla precedente orogenesi Ercinica.
Graniti porfidi e lave
I vulcani delle dolomiti hanno “forgiato” materiali che per aspetto, composizione e genesi sono molto diversi tra loro e che noi oggi chiamiamo indistintamente rocce.
Tra queste le monzoniti e i graniti fanno parte delle rocce intrusive, originate dal magma che si è raffreddato in profondità all’interno della crosta terrestre, fenomeno che da luogo a corpi rocciosi chiamati plutoni. In queste condizioni i fluidi impiegano centinaia di migliaia o decine di milioni di anni a solidificare e per questo motivo si formano bei cristalli visibili ad occhio nudo. Velocissimo al confronto è il consolidamento delle lave che giungono in superficie e che creano le rocce effusive. In questo caso il brusco raffreddamento impedisce la crescita dei cristalli che non sono visibili ad occhio nudo(struttura microcristallina) e in alcuni casi mancano (struttura vetrosa).
Caso intermedio e interessante sono i porfidi, caratterizzati da cristalli ben visibili (che si sono raffreddati in un tempo sufficientemente lungo) immersi in una pasta di fondo uniforme vetrosa o microcristallina che si è raffreddata molto velocemente (vedi figura in alto a sinistra).
M.Pregliasco 2013
Le eruzioni del Permiano
In un arco di tempo compreso tra circa 285 e 260 MA, in una vasta area tra il Lago Maggiore e le Dolomiti Orientali, una intensa attività vulcaniche mise in posto vari strati di vulcaniti di colore rossastro-violaceo su una superficie di oltre 2000 Km2 per una altezza di 2000 metri che oggi costituiscono la Piattaforma Porfirica Atesina.
La stessa città di Bolzano fa parte di una gigantesca caldera, ovvero di una depressione causata dallo sprofondamento di una grande camera magmatica (grande 60-70Km), dalla quale furono emesse enormi quantità di materiali.
a sinistra: Nube ardente, Mayon Filippine, da wikipedia - a destra: il paesaggio dopo il passaggio di una nube ardente, monte Pinatubo 15 giugno 1991, foto W.E. Scott USGS
Le nubi ardenti
La sequenza di eruzioni Permiane si susseguivano l’un l’altra ed erano alimentati da magmi viscosi, che culminarono con una attività esplosiva accompagnata da emissione di nubi ardenti, miscele di gas e prodotti piroclastici ( pomici e ceneri ), che scendevano dai fianchi dei vulcani.
Le nubi ardenti, data la temperature dei materiali e la velocità alla quale si muovono, sono i fenomeni vulcanici più distruttivi al mondo, ma nel Permiano lasciarono qualcosa che diventerà una ricchezza per le valli del Trentino Alto-Adige: il porfido quarzifero.
L'ignimbrite, dal latino "pioggia di fuoco", è il nome che il geologo da al porfido, ed è il prodotto delle nubi ardenti (flussi piroclastici), che depositano al suolo i materiali, raffreddati e saldati in una roccia compatta.
Non sfugge la scabrosità della superficie che ne fa un ottimo materiale per la pavimentazione, che deriva dalla durezza e dalla resistenza all’erosione dei minerali che lo costituiscono (ad esempio il quarzo).
Stop(1) Il Bletterbach
Tra Aldino e Redagno un torrente che scende dal Corno Bianco incide una gola lunga quasi 8 km, profonda fino a 400 metri. E’ il Bletterbach , il canyon per antonomasia dell’Alto Adige.
Le sue pareti rappresentano un libro aperto che raccontano, strato dopo strato, la geologia delle Dolomiti di centinaia di milioni di anni.
La parte più bassa del torrente, mette naturalmente in luce i porfidi quarziferi creando spettacolari pareti verticali, dai colori accesi, che si contrappongono violentemente ai colori chiari delle formazioni sedimentarie sovrastanti.
E' possibile toccarli con mano, ed osservare, le eruzioni che si sono sovrapposte marcate da fratture orizzontali. Il raffreddamento (che può durare un centinaio di anni) , e la conseguente contrazione di volume del materiale, causa invece una tipica fratturazione verticale (giunti da raffreddamento), che suddividono la roccia in colonne, lungo la quale il porfido si spacca dando origine a forme prismatiche come i cubetti o le lastre, che hanno facilitato la realizzazione di prodotti per la pavimentazione.
Il Bletterbach oltre che per la geologia è famoso per i ritrovamenti paleontologici e, per questa ragione, una visita al centro visitatori e al museo geologico di Redagno non può mancare.
Bletterbach - M.Pregliasco 2012
Bletterbach - M.Pregliasco 2013
Come nasce un cubetto di porfido ?
Questa domanda si interroga su un insieme di saperi antichi, tramandati da generazioni di scalpellini che possiamo scoprire nel museo del porfido di Albiano (a 20 Km da Trento). Qui è possibile vedere le grandi cave dalle quali i cubetti di porfido vengono estratti, esportati e posati in tutto il mondo.
Cava di porfido Albiano - M.Pregliasco 2013
Le eruzioni nel Ladinico
Un arcipelago di isole simile all'attuale mare Caraibico o alla Polinesia; così doveva apparire la regione dolomitica circa 238 milioni di anni fa nell’ Anisico. Scogliere affacciate su profonde scarpate sottomarine, mari caldi pieni di vita, insomma un paradiso tropicale che, 5 milioni di anni dopo, nel Ladinico, verrà sconvolto da un evento devastante. Sui fondali cominciarono a prodursi eruzioni vulcaniche sottomarine che ben presto, nella zona Predazzo-Monzoni, divennero isole vulcaniche. Lave, ceneri e lapilli fuoriuscivano dai crateri riversandosi in mare e sulle isole circostanti causando morte e devastazione, fino al momento in cui tutto il complesso vulcanico collassò. Il fenomeno causò la risalita e la cristallizzazione di magmi entro le fratture generatesi durante lo sprofondamento, dove si formarono i graniti e le monzoniti che affiorano nei dintorni di Predazzo.
Stromboli - M.Pregliasco 2013
I prodotti vulcanici delle Dolomiti nel Mesozoico testimoniano un ambiente caratterizzato da un mare dal quale emergevano isole e scogliere coralline.
Le lave a cuscino sono testimoni di eruzioni sottomarine che producono strutture dall’aspetto tondeggiante (simili a tubi o a palloncini), dovuto ad una crosta, calda e plastica, che si forma a contatto con l’acqua, che viene alimentata e “gonfiata” dall’apporto di nuova lava fluida all’interno di essa.
Le ialoclastiti, invece, sono il risultato dell’azione esplosiva del vapore che, in condizioni subacquee, si è sprigionato dall’acqua penetrata all’interno dei magmi in risalita e che oggi ritroviamo sotto forma di una sorta di sabbia vulcanica.
1819: a Predazzo una scoperta contraddice la Bibbia
“Dio disse: le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto” Gen 1,9
Nel diciannovesimo secolo si pensava che le rocce fossero il risultato di una progressiva cristallizzazione delle specie chimiche presenti in un antico oceano, la cui “energia cristallizzante” si attenuava con il procedere del fenomeno. Per questa ragione le formazioni caratterizzate da grossi cristalli ben evidenti, quali i porfidi ed i graniti, dovevano essere le più antiche e trovarsi alla base di ogni sequenza stratigrafica. Sopra a queste si dovevano trovare formazioni più giovani, con cristalli meno evidenti, come ad esempio i calcari. Questa teoria, chiamata nettunista, dava ben poca importanza ai fenomeni vulcanici quali produttori di rocce, ed era ben vista nel mondo cattolico perché in accordo con Genesi 1,9.
Nel 1819 , il conte Giovanni Marzari Pencati, trovò nella Cava Canzoccoli, vicino a Predazzo, la prova che la teoria nettunista era sbagliata: non solo il granito giaceva sopra il calcare, ma quest’ultimo mostrava tracce di “cottura” nella zona dove le due rocce erano in contatto. E’ chiaro che queste osservazioni dimostravano la totale infondatezza nel ritenere le rocce ignee in assoluto le più antiche rispetto a quelle sedimentarie, e suggeriva che i graniti erano figli di un magma che si era raffreddato. Ci volle ancora molto tempo prima che la teoria nettunista fosse abbandonata, ma Pencati aveva visto nella cava Canzoccoli i principi della geologia moderna.
Predazzo e il gruppo dei Monzoni
Isole, atolli e scogliere coralline di un antico mare tropicale. Questo sono le cime delle Dolomiti, e non è difficile accorgersene trovando fossili di stelle marine e conchiglie lungo i sentieri, o semplicemente osservando, nella la cartina qua sotto, le forme del rilievo. Anche i vulcani hanno contribuito a modellare il paesaggio, e i segni sono ben evidenti, in netto contrasto con le candide rocce calcaree.
Atolli e vulcani del Trentino Mesozoico
da Bosellini A. (1996) modificato
Una antica caldera: SI vedono in rosso i prodotti dei vulcani ladinici, in particolari la configurazione ad anello dei plutoni granitici intorno a Predazzo suggeriscono l’esistenza di una antica caldera collassata sotto il proprio peso (B). Nel museo geologico di Predazzo si può conoscere la storia geologica e paleontologica di questa interessantissima area, mentre per i più allenati non può mancare l’escursione geologica al dos Capèl.
Rocce al forno: Anche il gruppo dei Monzoni valgono una salita ai rifugi Valacia e Taramelli per toccare con mano le Monzoniti. Nella zona di contatta tra scure rocce ingnee del Monzoni (A) e quelle chiare sedimentarie di Costabella si trovano rocce “cotte” dalle alte temperature dei magmi, le rocce metamorfiche.
Calcari e dolomiti: Tutta la zona vicina ai plutoni dei Monzoni e di Predazzo è costituita da massicci calcari (in colore azzurro), mentre il resto delle Dolomiti è caratterizzato dalla dolomia. La dolomia è un calcare nel quale alcuni atomi di calcio sono sostituita da atomi di magnesio. Probabilmente le eruzioni ladiniche hanno ricoperto gli atolli circostanti impedendo la dolomitizzazione delle rocce carbonatiche.
Foto scattata dal Sasso delle Undici (gruppo dei Monzoni)
La zona di contatto tra i calcari (a sinistra) e le scure monzoniti a destra - M.Preglisaco 2012
In questa foto (a sinistra), scattata dal Sasso delle Undici, si vedono le monzoniti scure a contatto con i calcari della Marmolada chiari. Nella foto in alto sono evidenziati le due tipologie di rocce.
Nel punto di contatto, il calore dei magmi, ha trasformato i calcari in marmo (metamorfismo di contatto)
L'ultima fase: l'Oligocene
Durante il Paleogene il continente africano e quello europeo si scontrano, ebbe così luogo l’orogenesi alpina. Tra le tante conseguenze di questo evento vi fu la subduzione della placca europea sotto a quella africana: le rocce dell’ Europa si trovarono sotto a quelle africane e, sottoposte a pressioni e temperature enormi, cominciarono a fondere.
Nell’ Eocene-Oligocene (42-31 Ma), nella zona al limite tra Trentino (Val Rendana) e Lombardia (Val Camonica), una massa viscosa cominciò a risalire in superficie ma si arrestò a 10Km di profondità, dove raffreddò formando il più grande batolite del Cenozoico alpino: L’Adamello (670 Km2 di superficie).
La grande massa racchiusa all’interno delle rocce più antiche (il basamento metamorfico) ,e ricoperto dalle rocce più giovani, dovrà aspettare milioni di anni per venire alla luce, durante i quali l’erosione smantellerà le rocce più tenere liberando i plutoni dell’Adamello, della Presanella, del Re di Castello e del Caré Alto.
E’ interessante osservare che i corpi plutonici dell’Adamello sono separati dal blocco delle Dolomiti del Brenta che costituiscono la parte est del parco, da una lunga faglia, la linea delle Giudicarie. Ciò ha determinato l’innalzamento del blocco dell’Adamello rispetto a quello del Brenta, che ne spiega la maggiore erosione e la conseguente esposizione delle rocce più antiche.
Il Parco Adamello-Brenta
Il parco Adamello Brenta è contraddistinto dalla marcata differenza geologica e dalla conseguente diversità del paesaggio dei suoi massicci montuosi: l’Adamello-Presanella e il gruppo delle Dolomiti di Brenta.
A ovest troviamo le rocce più giovani, dure e impermeabili, le tonaliti, appartenenti al plutone vulcanico dell ‘Adamello- Presanella, con le sue creste rocciose e i tanti laghi che impreziosiscono il paesaggio. Qui, 30 milioni di anni fa, un magma viscoso si è fermato all’interno della crosta terrestre e si è raffreddato.
A est un altro mondo: il paesaggio delle dolomiti del Brenta, con i suoi massicci dolomitici, dove l’acqua sparisce nelle viscere della montagna in un paesaggio fatto di guglie, torrioni, campanili. E’ il tripudio del contrasto tra rocce ignee e sedimentarie, tra il paesaggio carsico e quello vulcanico. Per una escursione a carattere geoturistico vi rimando all’ottimo itinerario del sito “geologia e turismo“ dal Passo del Tonale al Lago di Tovel.
Carta Parco Adamello-Brenta. In verde l'area del parco, in rosso l'estensione del batolite dell'Adamello - su cartografia 4umaps
Bibliografia
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Caldonazzi M., Avanzini M (2011). Storia geologica del Trentino. Provincia Autonoma di Trento
Avanzini M., Kustatscher E. (a curadi,2011). La gola del Bletterbach. Geoparc Bletterbach
Bertoldi L., Piccin G (2011). Albiano tra porfido e geologia. Comune di Albiano
Tomasoni R., Visintainer M. (2012) Geological Landscape. Curcu e Genovese
Bizzarrini F. (2009) Guida alla geologia del parco. Quaderni del parco. Ente Parco Naturale Paneveggio Pale di San martino
Corò D. (2010). Magmatismo Triassico nelle Dolomiti Occidentali.
Gaetani M. (2008). Evoluzione del sudalpino lombardo tra le orogenesi varisica ed alpina. Una nuova geologia per la Lombardia. Milano
Massari F.(1986). Some thoughts on the permo-triassic evolution of the south-alpine area (Italy). mem. soc. geol. it 34, 179-188
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